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SILVIO GAGNO

NOTA BIOGRAFICA 
 

Silvio Gagno nasce a Ponzano Veneto (TV) il 13 aprile 1945. L’ambiente domestico natale sarà importante per la sua evoluzione: in opere di molti anni più tardi – per esempio Favole d’estate – ninfee o Favole d’estate n. 1 – ricorderà, ad esempio, come nella campagna amasse giocare con pannocchie; ricordi che poi lasceranno una traccia , e sia pure indiretta, nei quadri.
Dopo la scuola dell’obbligo il padre lo indirizza ad un’officina meccanica come apprendista, dove comprende che deve approfondire anche le proprie basi teoriche per svolgere bene il lavoro. Frequenta così un corso professionale serale di disegno meccanico, che sarà importante non solo per la successiva attività in uno studio tecnico, ma che costituirà anche una delle caratteristiche principali della sua futura arte, quella di creare forme astratte ammantate da una evidente razionalità geometrica. Ma il tipo di lavoro non lo soddisfa e ben presto comincia a studiare privatamente pittura, diplomandosi all’Accademia privata Ettore Tito di Venezia con Mariano Missaglia.
Un incidente sul lavoro lo persuade a cambiare mestiere dedicandosi a tempo pieno all’arte. E’ del 1979 la prima mostra di un certo interesse alla Pinacoteca comunale di Oderzo, che verrà in seguito riproposta in alcune città della Jugoslavia. Nello stesso e negli anni immediatamente successivi scrivono su di lui in varie occasioni critici d’arte come Paolo Rizzi, Luigina Bortolatto, Eugenio Manzato, Salvatore Maugeri. Espone a Venezia alla mostra – incontro La Schola presso la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, e in una rassegna a Mestre dove viene segnalato all’Opera Bevilacqua La Masa. Nel 1982 concepisce un insieme di opere ispirate alla leggenda del Castello d’amore, poi proposte a Trento e presentate dallo stesso Manzato. Sempre nel 1982 un quaderno monografico curato da Giorgio Segato ne illustra la critica degli ultimi anni. In quel periodo a interessarlo è soprattutto lo studio del corpo umano.
L’anno dopo espone un dipinto al Museo della Scienza di Milano; prosegue inoltre l’ attività espositiva in diverse città come Pordenone, Treviso, Bassano, Venezia. Fra 1983 e 1984 viene invitato a Monaco dal Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura per allestire una serie di mostre che avranno ottimo riscontro sulla stampa tedesca. Segue, negli stessi anni, alcune lezioni di Emilio Vedova all’Accademia di Belle Arti di Venezia, rimanendone impressionato, al punto di concepire alcune grandi opere informali come I colori della sera. Nel 1985 allestisce una mostra a Mannheim promossa dal Consolato di quella città e dagli Istituti di Cultura di Stoccarda e Monaco, mentre l’anno dopo è invitato alla Maison Stendhal di Grenoble. Nel 1987 espone alla Vittoria Gallery di New York e alla Georgetown University di Washington DC e, l’anno dopo ancora, all’Istituto di Cultura di Stoccolma, quadri della serie dei Cieli alti, così chiamata per ricordare lo studio all’ultimo piano che occupava in un albergo a Lignano. Seguono nel giro di pochi anni mostre a Lucerna, Zurigo, Graz , Innsbruck, Bassano, Udine. Dalla fine degli anni Ottanta e per un intero decennio prende forma l’altro grande polo della sua pittura, in dialogo diuturno con quello dell’astrazione geometrizzante: quello della natura. Come scrive Giovanni Bianchi, Gagno progetta i quadri di questa fase come “un luogo fisico dove forze opposte si incontrano/scontrano generando al centro dell’opera una vibrazione cromatica carica di energica tensione”. Fra le molte personali, da ricordare Silenzi e respiri. Opere dal 1990 al 1992 (Casa dei Carraresi, Treviso, 1992), Fotogenesi ( Udine, Galleria Artesegno, 1994), Biennale di Venezia (1995), Silvio Gagno: Phosphene (Amburgo, Istituto Italiano di cultura, 1996), Phosphene (Graz, Werkbund Galerie, 1999), Phosphene (Monaco, Istituto Italiano di Cultura, 2000), Australia e Lisbona (2001).
A cavallo dei due secoli, come ben spiega Luciano Caramel (2005), Gagno “rinuncia a una più immediata presa emotiva, che si coglie, oltre che nel ricorso a una metrica calcolata, nell’adozione, spesso, del monocromo”. Da questo momento la via è spianata, osserva la sua dea ex machina della critica, Flavia Casagranda (2005), per giungere alla tappa fondamentale dei Codici: “[…] ‘mappe’ di un nuovo linguaggio segnico pittorico sono questi nuovo dipinti, quasi tracce sismografiche di eventi percettivi sottilmente tracciati nella luce e nelle variazioni cromatiche […]La presenza della natura, insopprimibile nella pittura di Gagno, si fa regola”.
Dal 2000 al 2005, tra le mostre personali da ricordare, Un dipingere dentro la natura. Dipinti 1999 – 2001 (Venezia, Galleria Santo Stefano, 2001), Corridoi nel cielo (Treviso, Galleria d’arte Città di Treviso, 2004), I Codici di Silvio Gagno (Possagno, Gipsoteca Canoviana, Ala Nuova, 2005). Nel decennio che segue le due più importanti esposizioni sono Dai Codici alle Trame sideree, tenutasi nel 2010 a Palazzo Agostinelli di Bassano del Grappa, curata da Flavia Casagranda; e Codici e memoriali. La ricerca recente di Silvio Gagno, allo Spazio Bevacqua Panigai di Treviso, curata da Carlo Sala.

 





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